Separazioni e divorzi, assegnazione della casa coniugale – Studio Legale Nomos

divorzioLo Studio Legale Nomos presso la sede di Jesi (AN) Corso Matteotti n. 21 ha istituito un Team di professionisti che si occupa di Diritto della Famiglia, dei Minori, separazioni e divorzi, tutela da violenze e stalking.

Riportiamo in questa pagina alcune riflessioni in merito al tema di grande attualità costituito dall’assegnazione della casa coniugale nei procedimenti giudiziali.

Ogni ulteriore consulenza od assistenza giudiziale può essere richiesta allo Studio Legale Nomos scrivendo a: info@studiolegalenomos.it o telefonando al numero 0731/56847.

Separazione e divorzio – Assegnazione casa familiare ad uno dei coniugi e preminenza dell’interesse dei figli verso i terzi.

La Suprema Corte di Cassazione è recentemente tornata ad esaminare la disciplina applicabile alla fattispecie dell’assegnazione della casa familiare in favore di uno dei coniugi, individuando ulteriori forme di tutela della stessa.

Nell’ambito di un giudizio di separazione personale dei coniugi, l’immobile adibito a casa familiare deve essere assegnato, ai sensi dell’art. 337 quater c.c., tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli; pertanto il godimento dello stesso è prevalentemente attribuito al coniuge affidatario o collocatario della prole minorenne ovvero maggiorenne non economicamente autosufficiente.

Come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione (Cass. 22.07.2015 n. 15367), l’interesse tutelato dall’ordinamento è, infatti, quello dei figli a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti. Nonostante gli importanti riflessi economici che tale assegnazione possa comportare nel bilancio di ciascun coniuge, con la medesima pronuncia i giudici di legittimità hanno sottolineato che l’assegnazione della casa familiare non può essere disposta per esigenze differenti da quelle dei figli come ad esempio quella di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole.

Con la Sentenza n. 20448/2014, le Sezioni Unite della Cassazione hanno sancito la necessità di tutelare il predetto interesse dei figli all’abitazione familiare anche nei confronti del diritto del comodante alla restituzione dell’immobile, a meno che quest’ultimo non dimostri di avere un urgente e provato bisogno.

Nel caso concretamente trattato l’immobile assegnato al coniuge affidatario della prole era stato precedentemente oggetto di comodato da parte del suo titolare affinché fosse destinato a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario.

Tale comodato, data la sua precisa destinazione, è stato quindi ricondotto al regime contrattuale di cui all’art. 1809 c.c., ossia quel comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale. Come tale anche il comodato dell’immobile – casa familiare è caratterizzato dalla facoltà del comodante di esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno.

Tutela del terzo acquirente di un immobile assegnato al coniuge collocatario della prole

La Suprema Corte ha anche trattato il caso in cui l’immobile adibito ad abitazione familiare e di proprietà esclusiva del coniuge non assegnatario sia stato alienato ad un terzo, pur in presenza di un provvedimento di assegnazione dello stesso all’altro coniuge affidatario della prole.

Con la Sentenza Sez. Un. n. 15367/2015 si è chiarito che, quando le esigenze che hanno determinato l’assegnazione della casa coniugale risultino ormai insussistenti (raggiungimento della maggiore età o dell’autosufficienza economica dei figli), il rimedio esperibile dal terzo acquirente sarà l’instaurazione di un giudizio ordinario di cognizione per l’accertamento dell’insussistenza delle condizioni per il mantenimento del diritto personale di godimento in favore del coniuge assegnatario, al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia del titolo che legittima l’occupazione della casa coniugale.

Al contrario, lo stesso non sarà legittimato a chiedere la revisione del provvedimento di assegnazione ai sensi dell’art. 710 c.p.c. (in caso di separazione) o dell’art. 9 della Legge n. 898/1970 (in caso di divorzio), in quanto tale azione è esercitabile solo dai coniugi.

Pertanto, nel caso in cui ci siano figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, il terzo, in presenza di un regolare provvedimento, deve rispettare la destinazione impressa al bene, anche in considerazione del fatto che il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile al terzo acquirente in data successiva per nove anni a far data dall’assegnazione ancorché non trascritta, ovvero se in precedenza trascritta anche oltre i nove anni.

Quando siano venuti meno i presupposti dell’assegnazione, invece, il perdurare sine die dell’occupazione dell’immobile creerebbe un ingiustificato pregiudizio al diritto del proprietario di godere e di disporre del bene, in contrasto con i precetti sanciti agli artt. 42 Cost. e 832 c.c.

Per quanto attiene all’indennità di occupazione dell’immobile, il terzo acquirente potrà pretendere dal coniuge assegnatario esclusivamente il pagamento dell’indennità per l’eventuale occupazione illegittimamente protrattasi a seguito del deposito del provvedimento mediante il quale venga accertato il venir meno delle condizioni che avevano legittimato l’assegnazione della casa coniugale; mentre nulla sarà dovuto per il periodo antecedente, quando ancora l’occupazione del bene de quo da parte del coniuge assegnatario era giustificata dalla pronuncia di separazione o divorzio.

Assegnazione della casa familiare in caso di convivenza more uxorio in presenza di figli minori o maggiori non economicamente autosufficienti

Anche nel caso di convivenza more uxorio la più recente giurisprudenza ha sancito una rilevante tutela per la prole in relazione all’interesse all’abitazione della casa familiare nei confronti dei terzi acquirenti.

In caso di rottura della relazione intercorsa tra genitori non coniugati, l’immobile adibito a casa familiare viene assegnato al genitore presso il quale sono collocati i figli, anche se il proprietario (o conduttore) dell’immobile è l’altro genitore non collocatario.

In virtù della protezione che la nostra Costituzione riserva al nucleo familiare comunque  costituitosi, il genitore affidatario anche se non sia titolare di un’autonoma e diretta posizione giuridica sull’immobile è identificato come detentore qualificato ed esercita il diritto di godimento su di esso.

La Suprema Corte (Cass. 11.09.2015 n. 17971) ha assimilato tale posizione a quella del comodatario, ritenendo sussistente, senza soluzione di continuità anche nel caso in cui l’immobile venga alienato a terzi, un doppio qualificato titolo detentivo: il primo costituito dalla convivenza di fatto con il proprietario dante causa, il secondo dalla destinazione dell’immobile a casa familiare anche prima dell’alienazione.

Tale assimilazione ha determinato un’importante conseguenza nei rapporti tra genitore assegnatario, genitore proprietario-alienante e terzo acquirente, conferendo al primo la possibilità di esercitare l’opponibilità infranovennale del provvedimento di assegnazione  anche se esso sia stato emesso in epoca successiva alla vendita dell’immobile.

Il fondamento di tale decisione risiede nel fatto che la relazione con l’immobile, in virtù della predetta destinazione, non ha natura precaria ma è caratterizzata da un vincolo di scopo che si protrae sino a quando i figli non diverranno maggiorenni ed economicamente autosufficienti.

Infine, qualora l’acquirente sia stato a conoscenza al momento dell’acquisto della destinazione dell’immobile ad abitazione familiare, l’opponibilità infranovennale sarà possibile anche in assenza di trascrizione.

Studio Legale Nomos – Avv. Iacopo Casini Ropa & Avv. Marco Ginesi

Corso Matteotti n° 21

60035 Jesi (AN) Italy

T. 0731/56847

F. 0731/720213